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DA FIRENZE A PRATO: 10 CONSIGLI PER UN ITINERARIO CREATIVO

Centro Pecci
Centro Pecci
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Firenze è una tra le città italiane più apprezzate, ogni anno infatti attira milioni di turisti provenienti da tutto il mondo. Questo splendido capoluogo però non custodisce solo la Galleria degli Uffizi, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore e Ponte Vecchio, ma propone anche tanti tesori per gli amanti dell’arte contemporanea. A farle eco poi c’è la vicina Prato che in questi ultimi anni è diventata sempre di più una destinazione turistica: ecco qual è il perfetto itinerario creativo da Firenze a Prato, se anche tu sei un vero art addicted.

Firenze contemporanea: 5 posti imperdibili

Le strade di Firenze, in passato, sono state percorse da importanti personaggi del mondo dell’arte e della politica, tra cui spiccano Michelangelo, Donatello e Lorenzo il Magnifico: sono proprio i suoi cimeli del Rinascimento a conquistare l’attenzione dei turisti che rimangono incantati dalla Cupola di Brunelleschi e dal Campanile di Giotto. Un grande merito di questa città è di non essersi fermata ai capolavori del passato, ma di aver investito su nuovi linguaggi artistici che si ispirano alla contemporaneità. Ecco quali sono 5 luoghi da non perdere tra gallerie, musei e street art:

  • lo sapevi che Firenze ha un tempio dedicato all’arte moderna e contemporanea? Da marzo 2018 infatti, al piano nobile di Palazzo Bartolini Salimbeni, si trova la Collezione Roberto Casamonti, che è stato il fondatore e il direttore della celebre Galleria Tornabuoni Arte. Qui è possibile ammirare due diverse sezioni: la prima propone capolavori che vanno dalla fine dell’Ottocento ad inizi Novecento, e la seconda dagli anni Sessanta ai giorni nostri;
  • una chicca che coniuga alla perfezione arte e natura nel cuore della città è la galleria Aria Art Gallery che propone mostre, eventi e live performance di talenti emergenti del panorama internazionale, accolti in un meraviglioso giardino esotico;
  • nell’itinerario creativo da Firenze a Prato, poteva forse mancare un ristorante in cui concedersi una piacevole pausa? La Menagère è un concept-restaurant situato a due passi dalla Cattedrale di Santa Maria del Fiore ed è un contenitore che raccoglie più anime: fiori, ottimo cibo e prodotti di arredo artigianali creano un mix esplosivo in cui rilassarsi davanti ad un buon cocktail;
  • per gli amanti dei graffiti la visita di Firenze prosegue con un luogo ai più sconosciuto: si tratta del Sottopasso delle Cure che è un labirinto creativo coloratissimo frequentato durante il giorno da studenti e professionisti, anziani e giovanissimi;
  • infine, per rimanere in tema arte urbana, nel quartiere di San Niccolò è intervenuto su più muri l’artista Hopnn che si contraddistingue per la selezione dei colori, bianco e rosso, e per  il suo desiderio di diffondere sempre messaggi politico-ecologici, oggi più che mai attuali.

Aria Art Gallery

Prato creativa tra street art, coworking e musei

 

Conclusa la visita a Firenze, arriva il momento di trasferirsi nella vicinissima Prato che negli ultimi anni ha vissuto uno sviluppo davvero degno di nota. Eventi culturali, festival e inaugurazioni di nuovi spazi hanno reso questa città toscana la meta perfetta per gli amanti dell’arte contemporanea. Ecco quali sono i tesori da scoprire durante l’itinerario creativo da Firenze a Prato:

  • la prima location da non perdere è il Centro Pecci, con la particolarissima architettura esterna proposta dall’architetto indonesiano Maurice Nio. L’obiettivo di questo luogo è avvicinare le persone all’arte contemporanea e lo fa con mostre ed eventi di altissima qualità;
  • l’attrazione perfetta per gli amanti dell’arte urbana invece è l’ex fabbrica Calamai di Via Galilei su cui potrai ammirare un capolavoro realizzato dall’artista Dem che è un autentico omaggio ai protagonisti della stagione teatrale del Metastasio di Prato;
Fabbrica Calamai
  • si prosegue poi con un ex laboratorio tessile che è stato convertito in spazio d’arte e coworking. Si tratta di Lottozero, una realtà che incoraggia la ricerca e lo sviluppo tra differenti linguaggi creativi;
  • per gli appassionati di vernissage una galleria d’arte molto consigliata è Galleria Farsetti che propone artisti d’avanguardia, compresi artisti urbani:
  • infine, proprio come a  Firenze concludiamo l’itinerario con il murales di Hopnn nel sottopasso di via del Serraglio, a due passi dal quartiere multiculturale della città in cui si possono assaggiare ottimi piatti della tradizione cinese, etiope e di molte altre parti del mondo!
Murales di Hopnn

MODALITÀ AEREO

AirDolomiti_smartphone
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Per piacere o per dovere, oggi le nostre vite sono chiuse in uno smartphone. Con tutti i loro pro e i loro contro, questi oggetti “magici” tascabili sono essenziali nelle nostre giornate: email, contatti, agenda, indirizzi, strumenti di navigazione, intrattenimento… Si fa fatica a trascorrere qualche ora senza consultare il proprio telefono. E non si fa per dire, parlano i dati della ricerca condotta da Counterpoint Research, che ha coinvolto 3500 utenti. Di questi, il 26% usa il cellulare per circa 7 ore al giorno, mentre soltanto il 4 per cento lo usa per meno di un’ora nell’arco di una giornata.

Ma, si sa, a bordo degli aerei non è consentito l’uso della piena funzionalità degli smartphone. Prima del decollo di ogni volo, ai passeggeri viene espressamente richiesto di spegnere i telefoni cellulari e gli assistenti di volo sono incaricati di controllare che ciò avvenga. Proprio per questo è nata ormai da tempo su tutti i dispositivi in commercio la cosiddetta “modalità aereo”. Ma vediamo nel dettaglio a cosa serve, che cos’è e come funziona.

Innanzi tutto, per fare solo un esempio, avete presente quel fastidioso “tutututututu” che si sente quando il vostro telefono si avvicina ad un amplificatore o alla radio? Quando i piloti di un aereo comunicano con la torre di controllo via radio, le interferenze dei telefoni cellulari possono disturbare le comunicazioni e alterare la corretta ricezione dei messaggi.

La “modalità aereo”, rappresentata sulla maggior parte dei dispositivi da un’icona a forma di aereo e facilmente reperibile, evita proprio che i telefoni interferiscano con i sistemi di bordo (non solo le radio), pur mantenendo attive le altre funzionalità del dispositivo. Per cui via libera a musica e contenuti multimediali, giochi di intrattenimento, app preferite e così via, purché siano offline.

Bluetooth e Wi-Fi invece sono tollerati dai nostri aeromobili, per cui, dopo aver impostato la “modalità aereo” sul vostro smartphone o tablet prima del decollo, vi consigliamo di accedere al nostro sistema di intrattenimento a bordo e scoprire tutti i contenuti a disposizione per rendere il viaggio ancora più piacevole…

Il valore aggiunto della “modalità aereo” per chi viaggia è anche quello di garantire una maggior durata della carica del dispositivo. La continua ricerca di segnale in quota, infatti, consumerebbe più velocemente la carica della batteria, riservando una spiacevole sorpresa a destinazione!

AEROPLANINI DI CARTA

Aeroplanini_AirDolomiti
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Ricordate quando tra i banchi di scuola, durante l’ora di ricreazione, piegavamo fogli con la massima precisione per ricavarne aeroplanini? E quanta soddisfazione nel vederli volare sempre più lontano!

Sono chiamati kami hikoki in giapponese. Perché proprio in giapponese?

Gli aeroplanini di carta non sono altro che una delle forme più elementari di origami, ossia l’antichissima arte, nata appunto in Giappone, di piegare la carta per ricavarne figure ornamentali.

A onor del vero però, si può forse individuare nell’aquilone, invenzione cinese di oltre duemila anni fa, un possibile antenato dell’aeroplanino di carta.

Un fatto è certo: l’aeroplanino di carta è nato a immagine e somiglianza dell’aeroplano, quindi non prima del Novecento.

Il primo aeroplanino di carta noto alla storia risale al 1930.
Tra le mura della Lockheed Corporation, una tra le più importanti industrie aerospaziali del mondo, l’ingegnere e imprenditore Jack Northrop era all’epoca impegnato nella progettazione di un particolarissimo aereo privo di fusoliera detto ala volante, o tuttala. Per sperimentare le sue teorie sul design di quello che riteneva essere l’aereo del futuro, Northrop costruì a mano decine di aeroplanini di carta, studiandone di volta in volta il volo e individuando le possibili migliorie grazie a questi veri e propri modelli in scala ridotta.

Le tecniche per realizzare gli aeroplanini di carta sono diverse e vanno dalle più semplici (un foglio rettangolare da piegare in soli sei passaggi) alle più complesse, complete di coda, flap ed altre “variazioni sul tema”. Sul web se ne trovano a centinaia, per chi avesse ancora voglia di giocare come ai tempi della scuola… Solamente su Instagram l’hashtag #paperplanes è stato utilizzato oltre 250k volte!

Ma gli aeroplanini di carta, per alcuni, non sono affatto un gioco.

Ricordate il post Guinness dei Primati in volo apparso qualche tempo fa sul nostro blog? A coloro che non lo avessero letto, ricordiamo l’impresa eccezionale del giapponese Takuo Toda, che riuscì a far volare un aeroplanino di carta per quasi 30 secondi, guadagnandosi una menzione nel più famoso registro dei record al mondo…

PILOTA AUTOMATICO

Air_Dolomiti_autopilot
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Non indossa una divisa, non ha conseguito un brevetto di volo né ha frequentato una scuola, ma è efficiente ed affidabile più che mai. È il pilota automatico, ossia quel sistema elettromeccanico che pilota un aereo senza l’intervento umano.

Ma attenzione! La fase in cui il pilota automatico fa la sua parte più importante è quella di crociera, mentre le fasi più delicate quali il decollo e l’atterraggio sono gestite manualmente da comandante o copilota. In Air Dolomiti il pilota automatico viene ingaggiato normalmente a 1500piedi, rimane azionato per tutto il volo e viene scollegato dopo l’avvicinamento appena prima di atterrare ovvero tra i 500 e 200 piedi dal suolo. In caso di nebbia (CAT3) l’atterraggio avviene sempre con l’autopilota inserito.

Vediamo come funziona il pilota automatico nel dettaglio.

Un software integrato sul computer di bordo legge ed interpreta i dati relativi alla posizione e all’orientamento dell’aereo, poi, in base alla programmazione effettuata dai piloti controlla i comandi di volo. Il Fly-by-wire è un sistema di controllo elettronico, tramite il quale l’input viene trasformato in un segnale digitale che arriva ai comandi di volo che vengono mossi da degli attuatori idraulici. Sostituisce le tradizionali connessioni tra la cloche e le superfici alari con una comunicazione diretta tra sensori, detti potenziometri ed encoder, e il computer di bordo. Il “cervello elettronico” elabora poi i dati ricevuti e invia input ad attuatori che muovono le superfici aerodinamiche dell’aereo compiendo esattamente lo stesso lavoro di un pilota.

Il pilota automatico è programmato per mantenere una velocità ottimale: proprio come accade con i sistemi “cruise control” presenti su alcune automobili, l’automanetta degli aerei ottimizza i consumi di carburante ed il carico di lavoro dei piloti. Questo sistema ha sostituito il controllo effettuato da cavi di ferro e pulegge che si utilizzavano una volta o ancora vengono usati su aerei più piccoli.

Sembra un sistema modernissimo e di recente invenzione, ma in realtà il primo pilota automatico, composto da un orizzonte artificiale giroscopico, una bussola e una serie di attuatori idraulici, risale nientemeno che al 1912 e fu sviluppato dall’azienda statunitense Sperry Corporation.

Il pilota automatico è oggi estremamente sicuro e sono gli stessi passeggeri, secondo molti sondaggi, a dichiarare di sentirsi più che mai tranquilli ad essere condotti a destinazione da un sistema elettronico. In ogni caso, è bene sapere che sugli Embraer 195 è presente su ogni yoke un bottone di colore rosso che permette ai piloti di disattivare il pilota automatico immediatamente, all’occorrenza.

Come ogni strumento importante per la sicurezza del volo, il pilota automatico di bordo non è mai soltanto uno, ma ha un suo “gemello”, secondo la regola della ridondanza che potrete ri-leggere in questo post!

BIENNALE ARTE 2019 A VENEZIA: CONSIGLI SUI PADIGLIONI DA NON PERDERE

Padiglione Centrale_Giardini_Photo by Francesco Galli_Courtesy La Biennale di Venezi
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La Biennale Arte 2019 a Venezia è un appuntamento imperdibile per tutti gli amanti dell’arte che non vogliono rinunciare ad un evento di respiro internazionale. La cornice di Venezia, con i suoi coloratissimi canali e le vie che profumano di bucato pulito, conferisce un tocco magico a questa kermesse che accoglie artisti provenienti da tutto il mondo: ecco perché ti consigliamo di prenotare subito il tuo biglietto!

Arsenale_Photo by Andrea Avezzu' - Courtesy La Biennale di Venezia HD
Foto in apertura: Padiglione Centrale Giardini Photo by Francesco Galli | Courtesy La Biennale di Venezia – Foto qui sopra: Arsenale Photo by Andrea Avezzu’ – Courtesy La Biennale di Venezia HD

 

Biennale Arte 2019 a Venezia: che cosa ti aspetta?

La 58. Esposizione Internazionale d’Arte, visitabile dall’11 maggio al 24 novembre, si intitola “May You Live in Interesting Times”, che deriva da un antico detto cinese che si riferisce a periodi di incertezza e crisi, come quelli che stiamo vivendo in questi ultimi anni. Il curatore Ralph Rugoff infatti ha spiegato che in questa Biennale Arte 2019 a Venezia non viene trattato un unico tema specifico, ma si ragiona, attraverso diversi linguaggi, sulla funzione sociale dell’arte che include sia il piacere estetico che il pensiero critico: questo è un ottimo motivo per non mancare!

La mostra di quest’anno al Padiglione Centrale dei Giardini e all’Arsenale, storiche location dal fascino unico, propone ben 79 artisti con una forte componente femminile e 90 partecipazioni nazionali. I paesi new entry sono 4 e precisamente Pakistan, Algeria, Ghana e Madagascar con una selezione di opere davvero imperdibili. Molto spazio anche per gli eventi collaterali e i progetti speciali e didattici che animeranno la città per diversi mesi, creando continue opportunità di formazione e analizzando il rapporto artista-opera-pubblico.

Corderie 2 - Giulio Squillacciotti - Courtesy La Biennale di Venezia
Corderie 2 – Giulio Squillacciotti – Courtesy La Biennale di Venezia

5 padiglioni da non perdere in Biennale

Dal 1895 la Biennale richiama a Venezia i più importanti artisti contemporanei, scatenando dibattiti, riflessioni e a volte anche scandali: per questo sia gli italiani sia i turisti stranieri sono interessati a partecipare a questo appuntamento con l’arte. Per aiutarti ad orientarti nel tuo itinerario di visita, abbiamo fatto una prima selezione dei padiglioni da non perdere:

  • il Padiglione Italia, con la mostra a tema labirinto ideata da Milovan Farronato, comprende opere dei tre artisti Chiara Fumai, Liliana Moro ed Enrico David. Il concept di questo allestimento richiama in chiave simbolica il momento storico disorientante in cui stiamo vivendo, inserendosi alla perfezione nel territorio veneziano, città labirintica per eccellenza;
  • il Padiglione India, in occasione del 150esimo anniversario dalla nascita di Gandhi, celebra il suo Mahatma dedicandogli una mostra che ha l’obiettivo di analizzare le influenze che la sua filosofia ha tutt’oggi nel mondo, esprimendo i suoi principi morali attraverso il linguaggio artistico;
  • il Padiglione Nuova Zelanda propone “Post Hoc” il progetto espositivo dell’artista Dane Mitchell che è allestito non solo nel padiglione di riferimento, ma anche in sei siti sparsi per Venezia. Questa mostra è dedicata ai fenomeni, alle civiltà del passato e alle parole, creando un archivio diffuso udibile che viene trasmesso attraverso particolari “torri audio” a forma di alberi disseminate per la città, in una sorta di caccia al tesoro;
  • il Padiglione Lussemburgo porta i visitatori a riflettere su un tema molto delicato e controverso, quello dell’immigrazione. L’artista Marco Godinho ha deciso di raccontare il rapporto che l’essere umano ha con il mare, non solo come fonte di ispirazione artistica, ma anche come “territorio” importantissimo a livello di dinamiche geopolitiche;
  • il Padiglione Spagna infine viene rappresentato dai due artisti Itziar Okariz e Sergio Prego che, con testi video e suoni, hanno analizzato i limiti che circondano la rappresentazione del corpo.

La Biennale Arte 2019 a Venezia è l’occasione perfetta non solo per scoprire nuovi linguaggi artistici, ma per lasciarsi contaminare dai messaggi e dalle riflessioni di famosi artisti internazionali che hanno fatto dell’arte un’autentica missione: non dimenticare però di farti conquistare anche dalla splendida città sull’acqua, che ha tantissimi tesori da rivelarti!

INFO

CHARLES LINDBERGH

Daredevil_Lindbergh
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Nella nostra rubrica dedicata ai grandi personaggi storici del mondo dell’aviazione, questa volta tocca a Charles Lindbergh, una vera e propria rockstar per gli appassionati di aerei.

Avete mai trascorso 33 ore e 32 minuti svegli, attenti e intenti a fare qualcosa di estremamente impegnativo? Charles Lindbergh sì! E per questo che è passato alla storia.

Era il 20 maggio del 1927, quando appena venticinquenne, si cimentò nella prima traversata aerea senza scalo dell’Oceano Atlantico. Lindbergh decollò alle 7.52 dal Roosevelt Field nei pressi di New York ed atterrò alle 22.00 del giorno successivo al Le Bourget di Parigi, compiendo l’incredibile traversata con la sola compagnia di un thermos di caffè a bordo dello Spirit of St. Louis, aeroplano monomotore ad ala alta della Ryan Airlines.

Quest’impresa straordinaria gli fece guadagnare  numerosi riconoscimenti: l’“Uomo dell’Anno” secondo il Time, la Distinguished Flying Cross consegnata dal 30° presidente degli Stati Uniti John Calvin Coolidge jr e la Legion d’Onore da parte  del governo francese. La sua storia appassionò il mondo intero e rappresentò una pietra miliare nel campo dell’aviazione, rendendo possibile ciò che fino a quel momento si poteva soltanto sognare.

Solo 5 anni dopo il suo momento di gloria, il nome di Lindbergh fu di nuovo consegnato alla cronaca questa volta, purtroppo, in relazione ad un’orribile vicenda. Uno dei figli del famoso aviatore, il piccolo Charles Augustus Jr., fu rapito e ritrovato ucciso nei pressi dell’abitazione di campagna della famiglia, vittima di un ex detenuto condannato alla sedia elettrica tre anni più tardi. Il fatto fece molto scalpore e fu fonte di ispirazione per Assassinio sull’Orient-Express, uno dei romanzi di maggior successo di Agatha Christie.

Un’ultima curiosità per i nostri avgeek: sapevate che dopo essere stato donato dallo stesso Lindbergh all’istituto di ricerca Smithsonian, lo Spirit of St. Louis è conservato al National Air and Space Museum di Washington che insieme alla più completa collezione di aerei ed astronavi del mondo? Ci siete mai stati?

(foto Wikipedia)

PERCHÉ GLI AEREI POSSONO VOLARE?

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È il momento di fare un salto indietro nel tempo, tra i banchi di scuola, più precisamente all’ora di Fisica.

Che siate geek da sempre o soltanto da poco, oggi rispolveriamo Newton, Bernoulli e Lavoisier, cercando di comprendere quali leggi della fisica permettano a un aereo di volare.

La forza che consente a un aereo di staccarsi da terra è la Portanza (L, dal termine inglese “lift”, “sollevamento”): cioè la spinta perpendicolare alla direzione del moto, o meglio, la spinta calcolata in direzione perpendicolare alla direzione del vento relativo, generata per effetto del flusso dell’aria intorno all’ala. Un principio – attenzione! – comune al volo animale come al volo meccanico: vale a dire che gabbiani e aerei, per fare un esempio, volano grazie alla medesima legge della fisica.

Vediamo come. Quando l’aria viene “tagliata” da un corpo, nel nostro caso dall’ala, si divide in due porzioni: quella superiore, più veloce e quella inferiore, più lenta. Ne consegue che sul dorso dell’ala la pressione sia minore che sul ventre. Tale fenomeno produce, in parole molto semplici, una spinta tale da contrastare la forza di gravità e consentire il volo.

Giocano un ruolo fondamentale altre variabili: la velocità, la conformazione dell’ala e la densità dell’aria. La portanza dipende, infatti, sia dalla velocità del flusso d’aria che “sbatte” sull’ala, sia dalle tipologie di ali, diverse per estensione e curvatura.

Ad una velocità costante, maggiore è la curvatura dell’ala, maggiore è la portanza. Per questa ragione esistono meccanismi quali i flap, azionati dal pilota specialmente nelle fasi di decollo e atterraggio proprio per modificare l’angolo di curvatura delle ali.

Infine, la densità dell’aria: in quota di crociera l’aria rarefatta presenta una minore resistenza, facendo “faticare” di meno i motori…

Su un aereo, ovviamente, la portanza non è l’unica forza che si oppone alla forza-peso (cioè la forza che il campo gravitazionale terrestre esercita sulla massa dell’aereo), ma vi sono anche la spinta generata dal motore e la resistenza aerodinamica in verso opposto al moto.

Tutto chiaro? Forse per i super geek lo sarà fin troppo, ma questa semplice “lezione” potrebbe risvegliare anche chi non sa ancora di essere geek! 😉

PAN AM: STORIA DI UN MITO DELL’AVIAZIONE

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Alcuni brand hanno fatto la storia del mondo moderno. E se il termine “Scotch” è sinonimo di nastro adesivo e “Kleenex” di fazzoletto, “Pan Am” potrebbe esserlo di compagnia aerea.

Era il 1927 quando l’imprenditore statunitense Juan Trippe fondò la Aviation Corporation of America grazie al supporto finanziario di alcuni magnati tra cui William A. Rockfeller. La compagnia, che inizialmente serviva con idrovolanti le isole Keys e Cuba, assunse poi il nome di Pan American Airways, nota presto al mondo come Pan Am.

In oltre sessant’anni di attività, la Pan Am ha attraversato non solo paesi e continenti, ma anche e soprattutto la storia di un mondo in evoluzione in cui i progressi tecnologici, i cambiamenti politici,  economici e sociali definivano una nuova idea di turismo.

Il volo, dopo le grandi guerre, aveva un nuovo scopo: collegare paesi e persone in tempi sempre più rapidi. Già nel 1958 la Pan Am rendeva possibile raggiungere Parigi da New York su un Boeing 707 detto Clipper America.

Gli anni Cinquanta e Sessanta consacrarono il mito della Pan Am. Complici le campagne pubblicitarie vincenti e le bellissime assistenti di volo nelle loro impeccabili divise (alle quali abbiamo già dedicato un articolo!), il volo di linea era un nuovo lusso.

Il boom economico degli anni Sessanta richiese un aumento del traffico aereo e, di conseguenza, l’invenzione di un più moderno sistema di prenotazione dei voli. Fu così che nacque il PANAMAC, il primo computer che permetteva di prenotare voli e soggiorni in hotel grazie ad un database elettronico. Era arrivata la rivoluzione.

La Pan Am compariva sulle prime pagine dei giornali con i suoi voli settimanali per e da Berlino Ovest con il DC-6B e, dal 1966, con il Boeing 727, operava voli umanitari durante la guerra in Vietnam, segnava il record di 46 ore e 24 minuti effettuando il giro del mondo partendo dall’aeroporto JFK di New York con due soli scali a Nuova Delhi e Tokyo.

Quasi alla fine della sua storia, nel 1990, Pan Am cedette la tratta JFK-Berlino a Lufthansa, a cui fu consentito di volare a Berlino solo dopo la caduta del muro nel 1989.

La regina delle compagnie aeree, che all’apice del suo successo serviva ben 160 nazioni, ha ispirato anche una serie tv prodotta dalla ABC nel 2011, ponendo l’accento sulla rivoluzione culturale avvenuta tra gli anni Sessanta e Settanta, quando il volo aereo era ormai diventato sinonimo di benessere economico e simbolo di libertà. La serie tv Pan Am non ebbe il successo sperato, o almeno non paragonabile a quello del film Prova a prendermi di Steven Spielberg del 2002. In Prova a prendermi un brillante Leonardo di Caprio interpreta il vero Frank Abagnale Jr., noto truffatore statunitense che riuscì per oltre due anni a girare il mondo fingendosi un pilota… della Pan Am.

(foto Wikipedia)

SOS RIMEDI NATURALI

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Bio. Vegan. Organico. Cruelty-free.

Il secondo decennio degli anni 2000 ha visto un ritorno incontrastato dei prodotti naturali, degli antichi rimedi delle nonne e di tutto ciò che sia privo (o quasi) di sostanze chimiche nocive per l’organismo.

Anche in viaggio ci si può organizzare per disporre di un kit completo di prodotti compatibili con le esigenze personali e i diktat della sicurezza aeroportuale, strizzando l’occhio a Madre Natura e scegliendo un consumo responsabile e sostenibile.

HYDRATION REMINDER. Si tratta di piccoli dispositivi elettronici da posizionare sulla propria bottiglia di acqua o di infuso naturale (da acquistare o riempire dopo i controlli di sicurezza!) e ci ricorda quando è il momento di bere per restare sempre perfettamente idratati, soprattutto quando siamo molto esposti all’aria condizionata, agli sbalzi di temperatura o di pressione atmosferica. In commercio ce ne sono di tutti i tipi, forme e colori… Must have!

ZENZERO. Strano, ma vero. Questa radice dalle infinite proprietà benefiche sarà il vostro alleato numero uno qualora soffriate di cinetosi, cioè mal d’aria. Lo zenzero è infatti un potentissimo rimedio anti nausea e con il suo sapore piacevole e pungente “distrae” il cervello dall’elaborazione della sensazione di malessere che colpisce chi soffre in viaggio. Sotto forma di integratore, di bustine da infusione o di piccoli ginger shot, secondo i vostri gusti…

FORMATO SALVIETTA. Oggi moltissimi prodotti da viaggio, anche completamente organici, sono disponibili in formato “wipes”, comodissimo in viaggio e perfetto per evitare la preoccupazione del limite di trasporto di liquidi nel bagaglio a mano. Qualche idea: struccanti agli agrumi, salviette rinfrescanti per i denti, lozione al geranio contro le punture di insetti, disinfettanti per le mani di adulti e bambini, fogli idratanti al cocco per le pelli più delicate.

ARNICA MONTANA. Tra le regine delle erbe mediche, questa pianta che si trova in alta montagna con i suoi fiorellini gialli simili a margherite, può rivelarsi davvero miracolosa in viaggio. Sotto forma di granuli omeopatici, gel topico oppure olio, l’arnica cura reumatismi, dolori cervicali, tensioni muscolari e contratture.

CRUELTY-FREE. Si tratta di prodotti non testati sugli animali, che dal Marzo del 2013 sono gli unici considerati legali in Europa. Lo Standard “Non Testato su Animali” (eceae.org) fa riferimento sia ai prodotti finiti che ai singoli ingredienti che li compongono. Purtroppo alcune grandi multinazionali ancora effettuano test sugli animali presso paesi che non rientrano nello Standard.

Ecco dove potete verificare se il prodotto che portate in valigia rientri o meno in questa categoria: CRUELFREEKITTY.

Una raccomandazione (forse ormai superflua per voi appassionati lettori del nostro blog!): per un kit da viaggio da portare con voi nel bagaglio a mano, scegliete sempre di acquistare confezioni contenenti liquidi non superiori ai 100ml.

VHF OMNIDIRECTIONAL RANGE: IL VOR

Air_dolomiti_VOR
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Bentornati amici geek!

Vi avvisiamo da subito: il post che state per leggere tratta quanto di più tecnico possiate chiedere ad un blog per appassionati di “come funziona?”…

Per cui, se avete intenzione di svitare i bulloni e aprire i pannelli che nascondono le meraviglie tecnologiche che permettono agli aerei di volare… continuate a leggere con attenzione!

Il VOR, cioè “Very High Frequency Omnidirectional Range” è uno strumento la cui invenzione risale agli anni Trenta, ma ha ovviamente subito modifiche e miglioramenti negli anni ed è stato integrato tra i sistemi di navigazione a corto e medio raggio sugli aerei intorno agli anni Cinquanta, per poi affermarsi negli anni Sessanta al posto dei superati Non-Directional Beacon. Se siete appassionati di questo argomento, è il momento di (ri)leggere la storia dei sistemi di navigazione all’interno della nostra rubrica #TBT!

Il VOR è un sistema che comunica tramite onde radio in VHF, onde comprese in uno spettro elettromagnetico di frequenza tra 30 e 300 MHz, le stesse utilizzate oltre che nelle comunicazioni aeronautiche civili e navali, anche, soprattutto in passato, per la trasmissione di alcuni canali televisivi.

Ma come funziona il VOR?

Una stazione trasmittente fissa, detta radiofaro o radio beacon, emette un segnale radio VHF su radiofrequenze tra i 108.0 megahertz (MHz) e i 117.95 MHz che permette al ricevitore di bordo di elaborare i dati utili a calcolare la direzione, rispetto al Nord Magnetico, secondo cui il velivolo vede la stazione VOR emittente. Tale direzione, detta radiale, combinata con una seconda radiale, genera un’intersezione, stabilendo così la posizione del velivolo. Un altro dato, inviato in codice Morse ogni 5 secondi, indica al pilota il nome della stazione VOR da cui proviene il segnale. In base alle informazioni, il pilota segue rotte specifiche, volando da stazione a stazione (VOR a prua, VOR in coda) e individuando ad ogni passaggio di stazione una stazione successiva…

Le stazioni VOR possono essere di diversi tipi: HVOR, o stazioni di navigazione ad alta quota, LVOR, o stazioni di navigazione a bassa quota o TVOR, ossia stazioni VOR terminali, utilizzate per le procedure di avvicinamento strumentale.

Ma forse stiamo diventando un po’ troppo geek… 🙂

 

E allora… Com’è fatto il VOR?

Il VOR di bordo assomiglia più o meno ad una bussola. Una strana bussola con un ago verticale, un particolare indicatore To/From (Da/A) e una manopola detta Omni Bearing Selector che viene manovrata per ruotare la ghiera a seconda della rotta da seguire. Per interpretare correttamente il VOR, bisogna tenere presente che le sue indicazioni sono indipendenti dall’orientamento dell’asse longitudinale dell’aereo, cioè dalla prua. Per questo esistono gli indicatori TO e FROM che indicano al pilota la radiale selezionata e la relativa posizione dell’aereo.

Soddisfatti? Continuate a seguirci!