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IL VIAGGIATORE DISTRATTO

VIAGGIATORE_DISTRATTO
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Bagagli pronti, sorriso stampato in faccia, la mente già a destinazione…

Niente può andar storto con quelle favolose scarpe nuove di zecca chiuse bene in valigia insieme all’immancabile costume da bagno. Non manca niente, c’è perfino un libro extra se in questo viaggio ti dovessi riscoprire divoratore di romanzi.

Corsa forsennata in aeroporto (ma c’è tutto il tempo e poi “…Dai, ma chi è che perde un aereo?”) e solo un po’ di fila ai controlli… In una mano il telefono, nell’altra il trolley e…

PA-NI-CO.

Hai dimenticato la cosa più importante. Sei un disastro, lo dice sempre anche tua madre. Ma non disperare. Forse ancora non sai che il tuo problema si può risolvere.

DOCUMENTI PERSONALI. In moltissimi aeroporti è oggi possibile richiedere il rilascio immediato della carta d’identità presso gli sportelli dedicati. Informati, prima di disperare, perché potresti ottenere un nuovo documento letteralmente… “al volo”. Se invece sei in partenza da un Paese diverso da quello di cittadinanza, ma in area Schengen, puoi denunciare lo smarrimento della carta d’identità e rientrare a casa solo con la copia della denuncia.

DOCUMENTI DI VIAGGIO. È davvero il caso di rilassarti. Hai dimenticato la carta d’imbarco cartacea in cima alla pila di scartoffie sulla tua scrivania? È ancora nella tua casella e-mail in versione elettronica (benvenuto nell’era degli e-gate!) e certamente il banco del check-in potrà emetterne una nuova, qualora fossi un fan della carta stampata. Stessa regola per prenotazioni di hotel, appartamenti, automobili. Il tuo viaggio è tutto nel tuo smartphone e adesso che ti sei rilassato non dirci che non lo sapevi…

FARMACI. Partire senza un farmaco importante per la tua salute può essere un problema serio. Non fare sciocchezze! Nei principali aeroporti c’è sempre un medico a disposizione e troverai senz’altro una farmacia in cui acquistare il medicamento necessario. Per esempio, nell’aeroporto Franz Josef Strauss International Airport di Monaco di Baviera è presente la Airport Clinic M, che offre ai passeggeri in transito un servizio di assistenza medica con diverse specializzazioni.

PORTAFOGLI. Nei principali aeroporti sono presenti banche ed uffici postali. Se non hai la fortuna di imbatterti nella tua stessa banca, che potrebbe risolvere il problema in un batter d’occhio, richiedi una carta di credito ricaricabile provvista di codice IBAN che non implichi l’apertura di un conto corrente. Avrai senz’altro un amico o un parente gentile disposto a versare sulla nuova carta la somma di denaro necessaria ad affrontare il tuo viaggio. E ricordati, al tuo ritorno, di portare al tuo angelo custode un bel souvenir!

Insomma, caro viaggiatore distratto, tutto (o quasi) si può risolvere, ma tu per sicurezza salva questo blog post tra i preferiti del tuo browser e non dimenticarti di leggere i nostri consigli!

I FRATELLI MONTGOLFIER

Montgolfier_1783
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Mont-gol-fier. Ovvio, no?

Joseph Michele e Jaques Étienne Montgolfier sono stati due inventori francesi vissuti a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento. I padri della mongolfiera, naturalmente.

Attenzione. La mongolfiera, per quanto oggi ci possa sembrare rudimentale, fu un passo da giganti nella storia dell’umanità. Grazie al pallone aerostatico riempito di aria calda, l’uomo staccò per la prima volta i piedi dal suolo su un mezzo di trasporto ed iniziò a volare.

I due fratelli, fin dalla più giovane età, dimostrarono due caratteri opposti ma assolutamente complementari: Joseph era un creativo, un sognatore, poco incline agli affari e sempre pronto a nuove avventure; Étienne aveva un animo imprenditoriale, era serio ed inquadrato al punto di essere l’unico di 16 figli a volersi assumere la responsabilità di condurre l’azienda di famiglia.

L’idea di costruire un pallone volante nacque, secondo una storia che forse è poco più di una leggenda, da un’idea di Joseph che, osservando alcuni panni stesi ad asciugare al vento, ebbe un’illuminazione. Fatto sta che il primo esperimento di Joseph nacque quasi per caso: con qualche pezzetto di corda e uno scampolo di taffettà, il visionario fratello Montgolfier dimostrò che con dell’aria calda e quello che fu chiamato “gas Montgolfier”, un palloncino poteva librarsi in volo. Étienne colse subito il potenziale e, naturalmente, il valore economico dell’idea.

In seguito a molteplici esperimenti, alcuni di successo, altri fallimentari, i fratelli Montgolfier si prepararono per una prima grandiosa dimostrazione pubblica il 4 giugno del 1783. L’aerostato costruito per l’occasione fu fatto volare ad Annonay, di fronte a un gruppo di rappresentanti degli Stati del Reame. Il volo coprì una distanza di circa 2 km, durò ben 10 minuti e raggiunse un’altitudine di 1.600-2.000 metri. Era l’inizio di qualcosa di grande.

Quando la notizia di un tale marchingegno raggiunse Versailles, Re Luigi XVI volle assistere personalmente ad una dimostrazione, a patto che i primi passeggeri del pallone volante fossero animali e non uomini. Il 19 settembre del 1783 l’aerostato Réveillon fu fatto volare davanti allo sguardo rapito di Maria Antonietta con a bordo una pecora, un’oca ed un gallo, collocati in un cesto appeso alle corde del pallone. Gli animali, dopo 8 minuti e 3 km di volo atterrarono illesi.

Fu poi il turno dell’uomo.

Il 21 novembre 1783 i pionieri dell’aviazione Jean-François Pilâtre de Rozier e François Laurent, marchese d’Arlandes, si offrirono per compiere il primo volo libero umano su un aerostato che portava il nome della Regina Maria Antonietta, sorvolando Parigi per 9 km in 25 minuti a una quota variabile intorno ai 100 m di altezza. L’impresa divenne presto notizia. La notizia si trasformò in moda: sedie, orologi da tasca, soprammobili e dipinti raffiguravano le affascinanti mongolfiere e l’uomo iniziò a sentire l’urgenza di volare.

Curiosità: si racconta che tra i fratelli Montgolfier fu solamente Etienne a volare su un aerostato, e per un’unica volta…

(ph. Wikipedia / Wikimedia Commons)

MARILYN E GLI AEREI

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Quanto sappiamo davvero di Marilyn Monroe? Chi era Norma Jeane Mortenson Baker? In quanti sanno che la sua carriera di modella e attrice è legata agli aerei?

Capelli biondo platino. Lineamenti da angelo. Una silhouette da far perdere la testa a sportivi, intellettuali, presidenti degli Stati Uniti. Musa, icona, mistero irrisolto: Marilyn Monroe è stata ed è tutt’ora – a più di mezzo secolo dalla sua morte – l’incarnazione della diva.

Nata a Los Angeles il 1 giugno del 1926, Norma Jean ebbe un’infanzia e un’adolescenza difficili tra orfanotrofi e famiglie affidatarie, a causa dell’instabilità mentale e finanziaria della madre Gladys. Il periodo trascorso a casa della sua tutrice e amica di famiglia Grace McKee fu determinante: Norma Jean iniziò ad appassionarsi al cinema, grazie al lavoro di Grace come archivista di pellicole alla Columbia Pictures. Ma quando Grace si dovette trasferire in Virginia, non potendo portarla con sé, spinse Norma Jean appena sedicenne a sposare James Dougherty, figlio di un vicino di casa.

Dopo soli due anni di matrimonio, nel 1944, James si arruolò nella marina mercantile e partì per il Pacifico lasciando a Norma Jeane la propria madre e il vecchio posto di lavoro.

Norma Jeane iniziò così a lavorare come operaia alla Radioplane, prima come impacchettatrice di paracadute, poi come addetta alla verniciatura ignifuga delle fusoliere degli aeromobili.

Gli aerei in quegli anni erano sinonimo di guerra e i media avevano l’obiettivo di mostrare immagini che confortassero le truppe al fronte e l’opinione pubblica. La rivista Yank commissionò al fotografo David Conover un servizio sulle ragazze che lavoravano allo stabilimento della Radioplane e Norma Jeane, già bellissima e ambiziosa, si fece presto notare. Conover la convinse a intraprendere la carriera di modella con lo pseudonimo, che la rese famosa, Marilyn Monroe.

Attraverso gli obiettivi dei più noti fotografi dell’epoca come Eve Arnold, George Barris, Elliott Erwitt, Milton Greene, Douglas Kirkland, Phil Stern e grazie al grande schermo, l’immagine di Marilyn divenne leggenda.

LET IT SNOW, LET IT SNOW, LET IT SNOW!

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Una grande nevicata ha sempre il suo fascino. Almeno per noi, che sorvoliamo le Dolomiti, del resto, non potrebbe essere diversamente.

A volte, però, una grande nevicata può rivelarsi motivo di congestione del traffico, stop temporaneo di treni e bus, disagi in città e per chi deve affrontare un viaggio.

Ma… Come si comportano gli aerei quando nevica?

Partiamo da un semplice presupposto: gli aerei volano da un aeroporto di partenza ad uno di destinazione e, di conseguenza, da una condizione climatica ad un’altra. Viene da sé che aeroporti, piloti, assistenti di volo e personale aeroportuale abbiano la più completa preparazione ad affrontare condizioni meteorologiche avverse in totale sicurezza. Un’altra ovvietà: se un aeromobile in quota può raggiungere temperature bassissime (tra i -40° e i -60°!) non sarà certo un po’ di neve a creare problemi…

Controllate le condizioni meteo tre o più volte come da procedura di routine (a origine, durante il volo e a destinazione) e rifornito l’aeromobile di carburante extra in caso di attese o necessità di atterrare presso un altro aeroporto, la massima attenzione viene dedicata alla prevenzione di formazioni di ghiaccio sull’aeromobile e sulle piste.

Prima del decollo, la fusoliera, le ali ed ogni parte esposta dell’aeromobile vengono “innaffiate” ripetutamente con un potentissimo fluido antigelo, così come la pista, pulita all’occorrenza dai mezzi spazzaneve.

Eventuali formazioni di ghiaccio possono appesantire l’aereo e comprometterne alcune funzionalità fondamentali, per cui l’operazione viene eseguita con la massima cautela. Se vi capita di essere seduti all’interno di un aereo che viene irrorato di antigelo, la sensazione assomiglia un po’ a quella dell’autolavaggio: una cascata di liquido viscoso che scivola lungo i finestrini accompagnata da un forte rumore di pioggia!

Una volta in volo, le parti dell’aeromobile più importanti (finestrini della cabina di pilotaggio, prese d’aria dei motori e bordo d’attacco delle ali) sono riscaldate elettricamente o tramite l’aria calda del motore (estratta dal compressore). In tal modo si previene la formazione di ghiaccio.

Ben diverso è l’approccio alla pioggia in presenza di temperature sotto lo zero.

Se un aeroporto viene colpito da pioggia quando le temperature si aggirano attorno al punto di congelamento, le autorità aeroportuali prenderanno in considerazione la possibilità di chiudere il traffico aereo e, con ogni probabilità, le compagnie aeree inizieranno a cancellare i voli. Ciò avviene perché, in tali condizioni, gli aerei possono accumulare ghiaccio più velocemente di quanto l’attrezzatura antighiaccio possa rimuoverne.

Gli aerei volano nei cieli dell’Alaska, atterrano in Lapponia, sorvolano i giganti delle Dolomiti… Per cui niente paura per qualche fiocco di neve… Anzi, godetevi lo spettacolo dai finestrini!

IL VOLO NEI FUMETTI

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Cinema, musica, pittura, letteratura. Il volo è da sempre un tema trasversale in ogni arte per merito del fascino legato al superamento dei limiti fisici dell’uomo, della possibilità di esplorare mondi ignoti, della complessità delle macchine che sfidano la forza di gravità proprio come fanno i supereroi.

Per queste ragioni il volo aereo, nelle sue diverse forme, è stato spesso protagonista anche nel mondo dei fumetti, in cui tutto è possibile, perfino un cane pilota.

Già nei primi del Novecento, Little Nemo di Windsor McCay (in v.o. Little Nemo in Slumberland, tradotto in Italia dapprima come Bubi nel Paese del dormiveglia e solo successivamente Little Nemo) sognava sotto le coperte nel suo lettino mondi fantastici e rocambolesche avventure a bordo di un aereo per poi svegliarsi di soprassalto con la solita caduta dal letto.

Nel 1929 gli USA in piena crisi economica consacravano il mito di Topolino aka Mickey Mouse con una striscia che inneggiava all’impresa straordinaria di Charles Lindbergh, l’aviatore di Detroit che compì nel 1927 la prima traversata aerea in solitaria e senza scali dell’Oceano Atlantico da New York a Parigi.

Nel 1933 Le prodezze di Topolino aviatore (in v.o. The Mail Pilot) disegnata da Floyd Gottfredson, scritta da Ted Osborne e inchiostrata da Ted Thwaites, sancisce la figura del pilota eroe, idolo di tutti i bambini e modello da seguire. In questa fortunata striscia, Topolino intraprende il lavoro di pilota postale e vengono presentati per la prima volta due nuovi personaggi: il capitano Setter (in v.o. Captain Doberman) e Musone (in v.o. Gloomy).

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Persino i più attenti conoscitori di Tex Willer, personaggio Made in Italy creato da Giovanni Luigi Bonelli e dal disegnatore Aurelio Galleppini, faticano ad immaginare il ranger texano e pistolero imbattibile in volo. Ed invece, durante una fiera in città, Tex insegue una banda di ladri in fuga a bordo di una mongolfiera fedelmente accompagnato dall’amico Kit Carson.

Nel 1972 è il turno di Aquila, frutto della creatività dello sceneggiatore e disegnatore Albert Weinberg, già all’epoca celebre in Francia per il suo pilota e astronauta Dan Cooper. Punto di riferimento nel campo dei fumetti sulle tecnologie aeree e aerospaziali, Weinberg dà vita con la sua penna ad un temerario pilota norvegese di nome Singh, nato da madre indiana. Singh si improvvisa astronauta e, naturalmente, si imbatte in un UFO.

“Voliamo” al 1993, quando l’Aeronautica Militare Italiana commissionò a Hugo Pratt, creatore dell’affascinante Corto Maltese, il fumetto In un cielo lontano, edito da Petruzzi.
Ambientato a Rodi nei giorni immediatamente precedenti l’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, il racconto narra le vicende dei piloti fratelli Luca e Pietro Bronzi, rivali in amore e amici del capitano Melrose della Royal Air Force, divenuto avversario dopo lo scoppio del conflitto.

E voi quali fumetti preferite? Commentate il post sulla nostra pagina Facebook.

PRIMA DEL GPS

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Quanti oggetti del nostro quotidiano diamo per scontati? Il cellulare che ci permette di raggiungere figli, amici e parenti in qualsiasi momento, il web che ci consente di acquistare un biglietto aereo in pochi minuti, le carte di credito – oggi contactless – sempre più veloci ed affidabili. Il cloud, la domotica, il Wi-Fi, la tecnologia Bluetooth… il GPS.

Il GPS, acronimo di Global Positioning System, ossia sistema di posizionamento globale, è un sistema di posizionamento e navigazione satellitare che funziona grazie ad una rete di satelliti in orbita che inviano dati sulle coordinate geografiche a un terminale mobile o ricevitore GPS ovunque sul nostro Pianeta. Ciascun satellite invia segnali radio ad un ricevitore che successivamente elabora i dati definendo la localizzazione su un punto della Terra.

Tale tecnologia è stata messa a punto nel 1973 dal Dipartimento della Difesa statunitense come sistema di localizzazione più all’avanguardia rispetto ai precedenti sistemi di navigazione. Nel 1991 gli USA aprirono al mondo il servizio per usi civili con il nome SPS (Standard Positioning System), ma il sistema è diventato pienamente operativo nel 1994 ed è stato integrato sugli aeromobili.

Ma come facevano i piloti a conoscere la posizione degli aerei prima del GPS?

Partiamo da qualche nozione “scolastica”. La navigazione aerea è l’azione svolta da un pilota che conduce un aeromobile da un punto di partenza a un punto di arrivo lungo una rotta prestabilita. Nella storia dell’aviazione sono esistiti, coesistiti o sostituiti gli uni agli altri ben otto tipi di navigazione: a vista, stimata e osservata, strumentale, isobarica, astronomica, satellitare, inerziale, integrata.

Unico sistema utilizzato agli albori dell’aeronautica, ma ancora oggi lezione fondamentale per ogni giovane pilota, è la navigazione a vista, che si basa sull’orientamento del pilota rispetto al territorio sottostante. Questo tipo di navigazione è stato successivamente coadiuvato e corretto dall’uso di bussole magnetiche, di anemometri o di orologi, diventando appunto “stimata e osservata”, perciò più precisa. Insieme all’integrazione di ricevitori a bordo degli aerei, si diffuse la navigazione radioassistita o strumentale, con la ricezione di segnali elettromagnetici da terra circa la posizione orizzontale e verticale dell’aeromobile.

Tra i più antichi antenati del GPS vi sono la navigazione isobarica e quella astronomica. La prima, presto superata, si basava su parametri meteorologici e sul contenimento del consumo di carburante. La navigazione astronomica, più applicata alla navigazione nautica e astronautica che a quella aerea, prende gli astri visibili come punto di riferimento per comprendere la propria posizione e seguire una rotta. Tale affascinante metodo, adottato con successo fin dalle imprese di Amerigo Vespucci, si è dimostrato nel tempo solo parzialmente affidabile a causa della scarsa visibilità in condizioni meteorologiche incerte.

Oggi la navigazione satellitare, ossia con GPS e quella inerziale vengono utilizzate contemporaneamente in una combinazione sicura e affidabile detta navigazione integrata.

Ancora oggi, però, piloti e marinai sanno riconoscere la Stella Polare. E voi?

IMBARCO A SINISTRA

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Se ti trovi in questa sezione del nostro blog dedicato al volo, di certo sei un appassionato di aerei. Non diamo per scontato, però, che tu sia anche un frequent flyer. In caso lo fossi, perdona questa breve ovvietà: sugli aerei si sale da sinistra. Sempre.

A dispetto di alcune dicerie prive di fonti certe, che suppongono che i piloti dei primi aerei militari salissero da sinistra come omaggio alla cavalleria (i cavalieri montavano a cavallo dal lato sinistro perché l’arma si impugnava generalmente a destra) o alle navi che ormeggiano in porto sempre dal lato sinistro, o ancora perché la percentuale della popolazione destra è ampiamente superiore a quella mancina, l’imbarco a sinistra degli aerei fu stabilito in origine da una più plausibile motivazione tecnica. Tale convenzione è oggi fondamentale per permettere agli aeroporti di tutto il mondo di gestire le operazioni di imbarco e di sbarco secondo una prassi universale, senza dover di volta in volta adeguare gli standard ai diversi aeromobili.

Ma procediamo con ordine, iniziando proprio da questa motivazione tecnica.

I primi aerei di linea montavano motori ad elica con rotazione verso sinistra. Storicamente, si è stabilito quindi che il lato sinistro fosse quello della navigazione a vista, perché la forza della rotazione delle eliche, quando l’aeroplano era a terra, “tirava” proprio verso quel lato. Dunque il lato sinistro è da sempre il lato del comandante, che deve poter avere una visuale ottimale nelle manovre e in particolare sul controllo delle curve. Ne deriva che, nel tempo, il lato destro sia stato adibito alle operazioni carico e scarico di bagagli e merci, rifornimento di carburante, attacco al generatore elettrico e, infine, al catering.

Per evitare che tali operazioni disturbassero le procedure di imbarco e sbarco dei passeggeri, anche e non solo per motivi di sicurezza legati alla presenza di bagagli, carburante e personale aeroportuale, si è stabilito che la porta per l’imbarco dei passeggeri e di conseguenza il finger o la scaletta di sbarco vengano posizionati sul lato sinistro della fusoliera. Appena l’aereo atterra, infatti, si dirige verso l’aeroporto e si posiziona in modo da rendere agevoli e veloci tutte queste importanti operazioni. I primi operatori ad arrivare in prossimità dell’aeromobile sono quelli adibiti allo sbarco dei passeggeri. Quasi contemporaneamente, a destra, tutte le altre attività avvengono indisturbate in una successione perfetta senza alcun intoppo.

E così, nel più breve tempo possibile, l’aeromobile è pronto per un nuovo volo!

TOP GUN DI TONY SCOTT

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“Watching in slow motion as you turn around and say: take my breath away…”

Correva l’anno 1986 quando Giorgio Moroder componeva Take my breath away per il gruppo musicale Berlin. La canzone, scritta per essere la colonna sonora di un film che sarebbe diventato presto un cult degli anni Ottanta, quello stesso anno vinse un Premio Oscar.

Il film era Top Gun e il protagonista un giovanissimo Tom Cruise, non ancora icona consacrata da Cocktail, Rain Man, Intervista col Vampiro, Vanilla Sky

Tom Cruise interpretava il tenente Pete “Maverick” Mitchell, un pilota della Marina degli Stati Uniti fuori dagli schemi e poco avvezzo a rispettare gli ordini, ma disposto a rischiare la pelle per il bene della squadra. Un eroe americano al 100%, insomma, sempre pronto alle più incredibili peripezie per sconfiggere i proverbiali nemici sovietici.

Per i pochissimi nati prima degli anni Novanta che non lo avessero visto e per i nati dopo gli anni Novanta, che pensano a Tom Cruise in relazione ai pettegolezzi sulla ex moglie Katie Holmes e non come l’ultimo barman poeta in Cocktail, raccontiamo la trama in breve.

Il tenente Maverick e il sottotenente Nick “Goose” Bradshaw sorvolano l’Oceano Indiano a bordo di un caccia F-14 della Marina degli Stati Uniti in coppia con un gemello, su cui volano i compagni Cougar e Merlin. Durante il tranquillo volo di pattugliamento, la portaerei base, la USS Enterprise, intercetta un segnale sconosciuto e invia i due F-14 in ricognizione. Inizia così una sequenza di volo mozzafiato, fatta di peripezie a colpi di virate e volo rovesciato per allontanare due MiG-28 sovietici, in cui Maverick, insubordinato e coraggioso, salva il compagno Cougar rischiando la propria vita.

Dopo una breve “strigliata” da parte del comandante Stinger, Maverick e Goose si guadagnano l’accesso alla prestigiosa scuola di volo “Top Gun”, sotto la guida del tenente colonnello Mike “Viper” Metcalf. Qui Maverick affronta i fantasmi del passato della morte di suo padre in Vietnam, nuove serissime regole e nuove durissime sfide (interpretata da una splendida Kelly McGillis) finché – ATTENZIONE! SPOILER –

ATTERRAGGIO CON VENTO

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Decollo – crociera – atterraggio. Inutile spiegare a voi lettori esperti della nostra rubrica AvGeek il significato di questi termini. Oggi parliamo della fase di atterraggio in presenza di vento, una delle più complesse, a detta dei nostri piloti.

La condizione per un atterraggio perfetto è quella in cui il vento è contrario, al punto che, in caso il vento in coda superi i 5 nodi, la pista può essere percorsa in senso opposto, con il risultato di portare l’aereo comunque controvento. Nonostante gli aeromobili di linea possano atterrare con vento fino 10 o 15 nodi in coda, questo tipo di atterraggio è generalmente evitato perché comporta un maggiore e inutile consumo di freni e pneumatici.

Quando il vento è invece laterale e quindi “taglia” la pista di traverso, la situazione è più complessa sia in fase di atterraggio che di decollo. Ne avrete certamente un’idea se siete esperti di vela o di windsurf, o perfino di golf. Il vento laterale aumenta la portanza dell’ala sopravvento mentre la fusoliera fa da barriera all’ala sottovento che sviluppa così meno portanza.

Le tecniche utilizzate per un atterraggio in situazione di vento laterale sono principalmente tre e variano a seconda della tipologia di aeromobile.

Il “crab”, che fa riferimento alla camminata di sbieco di granchio, come dice il termine inglese, consiste nel livellare le ali e mantenere la prua all’insù leggermente controvento. In condizioni di vento normali, per andare dal punto A al punto B basta semplicemente puntare la prua verso B. Con vento di traverso, ad esempio da destra, è necessario puntare verso un punto a destra di B e lasciare che il vento, combinato con il movimento dell’aereo all’interno della massa d’aria, porti l’aeromobile al punto B. Si tratta di un atterraggio stabile che non fa subire ai passeggeri alcun tipo di disagio.

Il secondo metodo è il “de-crab”, tecnica utilizzata per aeromobili delle dimensioni dei nostri Embraer 195. L’obiettivo di questa tecnica è di allineare il velivolo con l’asse pista subito prima del contatto in atterraggio: il risultato è ottenuto agendo sul timone di direzione annullando l’angolo di deriva (crab angle) mantenuto durante l’avvicinamento alla pista. La manovra è delicata, perché annullando il crab angle il velivolo è sottoposto alla spinta della componente laterale del vento, che lo sposta in direzione sottovento, perdendo così l’allineamento desiderato. Per questo motivo la tecnica del de-crab è applicata solo subito prima del contatto.

Il terzo è il “one wing low”, ossia “con un’ala bassa” e viene applicato fin dal tempo dei biplani, anche se oggi non è usato molto di frequente. Annullando il crab-angle anticipatamente rispetto al contatto, è necessario abbassare l’ala sopravento per evitare lo scarrocciamento del velivolo. La tecnica richiede un intervento sui comandi di tipo “cross-control”, laddove si agisce sul timone di direzione per allineare l’asse del velivolo con la direzione di atterraggio, intervenendo contemporaneamente ed in senso opposto sugli alettoni per annullare lo scarrocciamento. Con vento da destra, per esempio, il crab angle verso destra permetterebbe al velivolo di percorrere la traiettoria desiderata verso la pista: annullando il crab angle con Left Rudder, è necessario agire con Right Aileron per evitare che il velivolo si sposti verso sinistra e perda quindi l’allineamento con la linea di centro pista. Et voilà.

La parte più affascinante dell’atterraggio con vento è la bravura dei nostri piloti, che sono sempre pronti ad abbandonare le comodità degli automatismi e atterrare manualmente per garantire la comodità dei passeggeri e mantenere la stabilità anche nel caso di vento a raffiche, più insidiose del prevedibile vento costante.

 

(Photo credits @PSC – Piti Spotter Club)

ELLEN CHURCH: LA PRIMA ASSISTENTE DI VOLO DONNA

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Il 22 settembre del 1904 nasceva in una cittadina nella campagna dell’Iowa una donna che avrebbe segnato, grazie alla propria determinazione, la storia dell’aviazione e del ruolo delle donne nel mondo del lavoro.

Ellen Church era una bambina piena di carattere e di sogni: ad un destino già tracciato di diventare portare avanti la fattoria ed essere una casalinga modello, scelse  preferì una vita più avventurosa.

Fu così che nel 1926 Ellen decise di conseguire il diploma di infermiera presso l’University of Minnesota Medical School di Minneapolis e di iniziare il tirocinio presso il French Hospital di San Francisco.

Negli anni successivi alla fine della Prima Guerra Mondiale, gli aerei iniziavano ad essere impiegati nell’aviazione civile ed Ellen, donna curiosa e sempre attenta ai cambiamenti, iniziò a covare un altro grande desiderio: diventare pilota.

Tra un turno e l’altro del suo apprendistato da infermiera, Ellen Church ottenne il brevetto da pilota privato. Ciò che oggi sarebbe normale, all’epoca era impensabile: nessuna compagnia aerea al mondo avrebbe affidato il comando di un aeromobile a una donna. Ma Ellen, determinata a volare, non si diede per vinta.

Il 23 febbraio del 1930, si presentò come pilota ad un colloquio di lavoro con Steve Stimpson, allora dirigente della Boeing Air Transport. Quando Stimpson le rise letteralmente in faccia, Ellen fece una controproposta rivoluzionaria: esercitare la professione di infermiera in volo, assistendo i passeggeri che avevano paura di volare.

Stimpson trovò l’idea interessante. “Se può volare una donna, figuriamoci un uomo!”, esclamò.

La BAT avviò, su proposta di Ellen, una prova di tre mesi. In quegli anni il mestiere di assistente di volo era riservato ai soli uomini, primo fra tutti il tedesco Heinrich Kubis, di cui abbiamo già parlato in QUESTO articolo. Ma la brillante iniziativa di Ellen Church di capitanare il gruppo di infermiere di volo detto “The Original Eight”, composto da Alva Johnson, Margaret Arnott, Inez Keller Fuite, Cornelia Peterman, Harriet Fry Iden, Jessie Carter ed Ellis Crawford, fu un successo e legittimò il ruolo delle donne a bordo degli aerei. Più pazienti, più accoglienti, più dolci, le donne erano in grado di gestire i passeggeri più esigenti e coloro che, volando per la prima volta, provavano paura.

Il 15 maggio 1930, Ellen gestiva l’imbarco di undici passeggeri diretti da San Francisco a Chicago. Ben presto le assistenti di volo (che dovevano essere rigorosamente nubili, di bella presenza e dal peso di 53 kg al massimo!) furono impiegate da tutte le compagnie aere del mondo. Grazie alla loro bellezza ed elegante professionalità nacque una vera e propria moda. Acconciature, trucco impeccabile e uniformi sempre più vicine all’haute couture, caviglie scoperte e vitini di vespa ne fecero icone di stile e di grazia.

Il compito di Ellen Church era giunto al termine. Durante la Seconda Guerra Mondiale si arruolò nell’Army Nurse Corps – Air Evacuation Service come infermiera guadagnandosi la prestigiosa Air Medal, concessa a pochissime donne al mondo.

(foto wikimedia commons)