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PRIDE! NELL’ARCOBALENO C’È ANCHE IL TURCHESE

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Siamo una compagnia aerea e quel che ci interessa, senza distinzioni, è unicamente il benessere di tutti i nostri passeggeri, siano essi viaggiatori occasionali o frequent flyer.

Nelle ultime settimane abbiamo adottato la bandiera arcobaleno come immagine del profilo sui nostri canali social: quasi tutti sanno che la bandiera del Pride è il simbolo del movimento LGBTQIA+ ma pochi ne conoscono la storia.

Come nasce la bandiera del Pride?

La bandiera arcobaleno originale fu realizzata dall’artista e attivista statunitense Gilbert Baker, scomparso a New York nel marzo del 2017.

Sventolò per la prima volta a San Francisco nella parata di quello che all’epoca era chiamato “Gay Pride”, dopo essere stata cucita e tinta a mano dall’artista con l’aiuto di circa trenta volontari.

Sulla bandiera apparivano otto colori: Baker attribuì un significato specifico a ognuno di essi.

Il rosa per la sessualità, il rosso “sangue” per la vita, l’arancione per la salute, il giallo per la luce del sole, il verde per la natura, il turchese per la magia e l’arte, il blu per la serenità e il viola per lo spirito.

Bandiera a 8, 7 e 6 colori.

Con l’assassinio dell’attivista del movimento di liberazione omosessuale Harvey Milk, la bandiera del Pride divenne richiestissima. Purtroppo la stoffa rosa era diventata difficile da reperire: sono gli anni della disco fashion, di Gloria Gaynor e dei lustrini… i colori pastello non vendono più da un pezzo.

Baker, 1978. 2. “Gay Pride”, 1979. 3. Popular design

La Paramount Flag Co. di San Francisco iniziò a vendere una versione della bandiera in sette colori, ma ci si rese presto conto che la striscia centrale veniva oscurata dall’asta o dal lampione cui era appesa (verticalmente, come uno stendardo).
Fu allora che la bandiera arcobaleno perse anche il turchese 😭, trasformandosi nella versione a sei colori che utilizziamo oggi: rosso, arancione, gialloverde, blu e viola.

Nel giugno 2015 il MoMA di New York ha acquistato la bandiera originale di Gilbert Baker esponendola nel Department of Architecture and Design.

Oggi con questi colori celebriamo l’accettazione di noi stessi e degli altri, l’inclusione, l’attivismo, la condivisione, la partecipazione e l’allegria.
Ma soprattutto celebriamo i diritti.

ASSICURARSI UNA PARTENZA… SENZA PENSIERI!

Portrait beautiful young asian woman happy smile relax around neary beach and sea for leisure travel and vaction
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L’ assicurazione di viaggio è spesso considerata come un “bene accessorio” o “un servizio di lusso” per chi è in procinto di organizzare una vacanza.
A volte, si crede che stipulare un’assicurazione significhi pagare un sovrapprezzo al viaggio, non considerando i molteplici vantaggi che essa comporta per garantirci proprio la serenità e la riuscita del viaggio stesso.

Eppure, come un recente passato ci ha appena insegnato, gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e godere di una tranquilla pianificazione delle proprie agognate ferie, forse… non è poi un bene così accessorio.

Pensate che la prima polizza stipulata nella storia fu proprio un’assicurazione di viaggio.
Era il 13 maggio 1189 e Guglielmo Pavere, un noto mercante genovese, garantì il trasporto marittimo di merci e ciurma nella tratta Genova – Barcellona, per una cifra di 12.000 lire genovesi. Tutt’oggi questo importante documento storico è ancora custodito nell’Archivio di Stato di Genova.

Anche se la vostra non sarà una trasferta in una galea medievale, spinta da soli remi al largo del Mar Mediterraneo, certamente merita di essere protetta da inconvenienti inattesi.

Come poter rinunciare all’ultimo minuto, ad esempio, alla modernità e al folklore, insieme alla quiete della natura maestosa di Monaco di Baviera? Oppure a quel profumo di ricotta forte e ricci di mare, tipico dei viottoli lastricati della bellissima Bari vecchia, che vi ha emozionato al solo pensiero di acquistare un biglietto aereo?

Assicurare un viaggio ci permette realmente di risparmiare in seguito per poterlo riprogrammare. Potrebbe essere un cambio di programma improvviso prima di una partenza, oppure un piccolo inconveniente durante un soggiorno: in entrambi i casi è possibile prevenire con una polizza di viaggio per non guastare troppo i nostri piani.

La comodità di aggiungere la copertura Europ Assistance Italia ad un volo Air Dolomiti è che questa compagnia assicurativa ha due opzioni per differenti esigenze con un call center attivo H24.

  • La polizza annullamento copre fino a un massimale di 1.000 euro per gli imprevisti di viaggio documentati.
  • Mentre con un piccolo contributo in più è disponibile la Polizza Multirisk, che, come si può intuire dal nome, prevede una copertura a 360 gradi, e include la polizza annullamento.

Qui si può usufruire anche della copertura sanitaria che prevede, in caso di malattia o infortunio, un’assistenza sanitaria in loco, rientro anticipato con un compagno di viaggio o prolungamento di soggiorno, trasferimento verso un centro specializzato, spese mediche e farmaceutiche fino a 50.000 euro e molto altro.

Bagagli e effetti personali saranno al sicuro per danni o furti. Pensate solo al vostro smartphone! In più si ha diritto anche ad un risarcimento in caso di ritardata consegna del bagaglio, per permettervi di acquistare articoli necessari sul momento.

Insomma, piccole grandi tutele che vale la pena prendere in considerazione.
Se queste opzioni fanno per voi e siete inclini ad un “viaggio senza pensieri” potete trovare maggiori informazioni qui: https://www.airdolomiti.it/servizi/assicurazione

LEONARDO DA VINCI E LE MACCHINE VOLANTI

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Leonardo Da Vinci, ovvero il genio.

È difficile spiegare chi sia Leonardo Da Vinci usando le parole che abbiamo a disposizione nei vocabolari.
La grandezza del pittore, scultore, disegnatore, scienziato, filosofo, architetto, matematico, ingegnere, anatomista, botanico e musicista fiorentino è già racchiusa nel suo nome, noto in ogni angolo della Terra.

Esiste qualcuno là fuori che non sa chi sia Leonardo Da Vinci? Crediamo di no.
E qualcuno che non abbia mai sentito parlare della Monna Lisa? Neanche.

Eppure, alcuni non sanno che Leonardo sia l’inventore delle prime macchine volanti.

Siamo agli albori del Rinascimento, nella Firenze del 1500, e Leonardo Da Vinci attraversa un periodo molto complesso. In primis per via di un tale Michelangelo Buonarroti, giovane scultore molto apprezzato, troppo apprezzato, visto l’uso di “eccessi anatomici e retorica muscolare” di quel David che non merita di starsene davanti a Palazzo della Signoria, secondo Leonardo. E poi per la morte del padre Piero, che lo esclude dall’eredità.

Leonardo ha bisogno di evadere, di progettare qualcosa che nessuno oserebbe mai immaginare e mentre procede nella stesura del Codice sul volo degli Uccelli (oggi conservato presso la Biblioteca Reale di Torino), ha un’idea grandiosa: il volo umano.

La vite aerea

La vite aerea, che non volò mai – e che forse non fu mai costruita – è un progetto contenuto nel foglio 83v del Manoscritto B dei Manoscritti di Francia, conservato oggi presso l’Institut de France a Parigi.
In questo studio Leonardo intuisce l’efficacia trattiva dell’elica, dimostrando piena consapevolezza delle caratteristiche dell’aria e di alcune leggi fisiche teorizzate diversi secoli più tardi.
Nelle intenzioni dell’inventore, la vite aerea avrebbe dovuto “svitarsi” nell’aria sfruttandone la densità, dopo essere stata “avvitata” da quattro uomini con l’uso di travi orizzontali disposte sui lati. Leonardo, all’epoca, aveva però a disposizione soltanto materiali pesanti come il legno, le corde e il lino per costruire questo antenato dell’elicottero.

Il grande nibbio

Il volo del nibbio reale, un imponente rapace che vive nelle zone montuose di tutta Europa, stimolò in Leonardo una curiosità morbosa, portandolo a immaginare soluzioni per rendere l’uomo in grado di volare.
I primi disegni pervenuti nel Codice sul volo degli uccelli fanno riferimento a macchine capaci di volare tramite battito d’ali, come l’ornitottero, ma la tecnologia di cui Leonardo disponeva all’epoca non era sufficiente per realizzare un simile dispositivo.
Il volo “planato” era ben più semplice da imitare e fu così che l’allievo di Da Vinci Tommaso Masini, detto Zoroastro, si prestò per essere il primo “uomo volante” della storia. Riuscì a planare grazie a un’imbracatura simile a un deltaplano sfruttando un pendio naturale (anche se, nell’atterraggio, riportò molteplici fratture alle gambe…).

Se, come noi, siete appassionati di volo e di scienza, non potete perdervi il Deutsches Museum di Monaco di Baviera, che ha dedicato a Leonardo diverse mostre temporanee.

AEROPORTI PROGETTATI DA ARCHISTAR

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L’antropologo francese Marc Augé li definiva “nonluoghi”.

Si tratta di quegli spazi frequentati ogni giorno da moltissimi individui, solitamente soli, rigorosamente di passaggio.
Sono le stazioni, le aree di sosta delle autostrade, i parchi dei divertimenti, ma soprattutto gli aeroporti.

Gli aeroporti non sono, però, luoghi senz’anima.
O almeno non tutti. Ve ne sono alcuni che hanno alle spalle progetti innovativi e rivoluzionari firmati da vere e proprie celebrità dell’architettura.

Gli aeroporti progettati da archistar sono la porta d’ingresso e il biglietto da visita di città veloci, vibranti e all’avanguardia.
In alcuni casi sembrano cattedrali nel deserto, in altri si integrano perfettamente con il paesaggio, ma ad ogni modo sono punti di riferimento e di connessione per milioni di persone in tutto il mondo.

Aeroporti progettati da archistar: la top 5

Shenzhen-Bao’an | Shenzhen, Cina.

Il Terminal 3 di uno dei più importanti hub della Cina meridionale porta la firma dell’architetto italiano Massimiliano Fuksas. 500.000 metri quadri divisi in tre livelli sono accomunati da un elemento: una doppia “pelle” a nido d’ape che avvolge la struttura portante per tutta la sua estensione. Il rivestimento si compone di 25.000 elementi in metallo e vetro, che lasciano filtrare la luce naturale creando un reticolato di luci e ombre che accompagna i passeggeri fino al gate.
Sempre allo Studio Fuksas saranno affidati i due nuovi ampliamenti dell’aeroporto previsti per il 2025 e per il 2035.

Aeropuerto de Carrasco | Montevideo, Uruguay.

Il terminal originale è stato inaugurato nel 1947. Poi, nel 2007, è iniziata la costruzione di un nuovo terminal, progettato dall’architetto uruguaiano Rafael Viñoly. La punta di diamante della struttura è una copertura monolitica bassa e curvilinea che si estende per 300 metri di lunghezza. Il risultato è l’illusione ottica di un tetto sospeso in aria grazie ai sottili sostegni che lo sorreggono e alle enormi vetrate che corrono sui quattro lati dell’edificio.

Franz-Josef Strauss | Monaco di Baviera, Germania

Abbiamo dedicato diversi articoli all’aeroporto più lussuoso d’Europa (QUI il più letto), eppure non si finisce mai di meravigliarsi dell’eleganza sobria e moderna dei suoi spazi. Il progetto, affidato allo studio Koch + Partners di Monaco, ha un concept che mette il passeggero al centro della scena. Basta infatti un solo sguardo per orientarsi, ovunque ci si trovi.
Accanto all’aeroporto si trova l’hotel Hilton Munich Airport, progettato dal noto architetto tedesco – statunitense Helmut Jahn e dallo studio specializzato in architettura del paesaggio PWP Landscape Architecture.

Aéroport de Lyon-Saint-Exupéry | Lione, Francia.

La menzione in classifica riguarda un edificio esterno all’aeroporto, che ricorda un grande uccello pronto a spiccare il volo: la stazione dei treni TGV. Un progetto firmato nientemeno che da Santiago Calatrava. Questo aeroporto è stato il primo nella storia ad essere servito da una stazione dell’alta velocità e la sua progettazione è stata assegnata all’archistar spagnolo-svizzera a seguito di un “Concorso Internazionale di Architettura” indetto nel 1987.

Kansai Intl Airport | Osaka, Giappone.

Figura tra i dieci “Monumenti di Ingegneria Civile del Millennio” selezionati nel 2001 dall’American Society of Civil Engineers. Il progetto del famosissimo architetto italiano Renzo Piano è innovativo soprattutto nella forma e nella posizione. L’aeroporto sorge infatti su un’isola artificiale realizzata appositamente per ospitare la struttura. Per realizzarla sono stati coinvolti oltre 10.000 operai che hanno lavorato per 38 mesi senza sosta.

Ad Astra!

BRINDISI PER GLI APPASSIONATI DI STORIA (E NON SOLO…)

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Brindisi: un tuffo nella Storia.

Il modo migliore per dare il via a un tour di Brindisi è ispirarsi alla Divina Commedia di Dante Alighieri e iniziare dall’incontro con Virgilio.

Esattamente, perché proprio qui finì i suoi giorni il poeta latino Publio Virgilio Marone e la grande scalinata che si staglia sulla linea dell’orizzonte – guardando Brindisi dal mare – porta il suo nome.

Colonne romane di Brindisi

La Scalinata di Virgilio conduce alle Colonne Romane, simbolo della città ed erroneamente considerate il punto finale dell’antica via Appia. Solo una delle due, alta quasi 19 metri, è ancora in piedi. L’altra cadde a terra nel 1528 e lì rimase per oltre un secolo, per essere poi donata alla città di Lecce.

È subito chiaro a chiunque metta piede nella città che apre le porte del Salento che qui sono conservate le tracce di molte civiltà da scoprire e ammirare.
Brindisi è crocevia di popoli e di culture, testimonianza di epoche e avvenimenti storici, tra palazzi, chiese, monumenti e simboli che arricchiscono gli occhi e il cuore del turista – viaggiatore.

Procedendo lungo le antiche mura, costruite in epoca Romana da Marco Antonio, rimarrete stupiti dall’architettura medievale di Porta Mesagne. La più antica porta di Brindisi fu costruita nel 1243 per volere di Federico II di Svevia, che volle dare alla città un ingresso trionfale.

I castelli

Castello Svevo di Brindisi

A Federico II di Svevia si deve anche la costruzione dell’imponente Castello Svevo, che sorge a ridosso del centro storico e si affaccia sul porto in tutta la sua maestosità.
Recentemente il Comune di Brindisi ha stipulato un accordo con la Marina Militare Italiana per far “rivivere” il Castello con nuove iniziative culturali senza scopo di lucro.

In attesa della nuova agenda, è possibile visitare il Castello Alfonsino, costruito nel 1481 dal Re di Napoli Ferdinando I di Aragona per volere di suo figlio, Alfonso Duca di Calabria. Questo splendido castello che sorge sull’isola di Sant’Andrea, poco fuori dal porto esterno di Brindisi, ha subito diversi danni nei secoli ed è stato quasi dimenticato dopo essere stato adibito a lazzaretto tra il ‘700 e l’800.
Finalmente, nel maggio del 2021, è stato riaperto al pubblico e oggi visitarlo è un “dovere”!

E poi il piacere…

Per scoprire una Brindisi più vibrante e contemporanea, non avete che da scegliere tra lo shopping di Corso Umberto I e gli aperitivi nei dintorni di Piazza Cairoli.

Sappiate anche che Brindisi è una meta gastronomica imperdibile!

Non solo per i deliziosi cibi tradizionali come le pittole (bocconcini di pasta fritta con capperi, pomodorini e olive), le cozze fritte e le classiche fave con cicorie, ma anche per ristoranti che uniscono tradizione e innovazione come la Trattoria Pantagruele. Qui lo chef Fabrizio Palma propone prelibatezze degne di menzione sulla Guida Michelin, come lo scorfano brindisino e il polpo alle patate con la menta.

Se ancora non vi bastano le buone ragioni per organizzare subito il vostro “viaggio nel tempo”… ve ne diamo una noi: il nuovo collegamento di Air Dolomiti tra Monaco di Baviera e Brindisi. 

JOHN GILLESPIE MAGEE JR., AVIATORE E POETA

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John Gillespie Magee Jr. visse appena 19 anni. Ma questo pilota anglo-americano nato a Shanghai, combattente nella Seconda Guerra Mondiale con la Royal Canadian Air Force, ci ha lasciato qualcosa di straordinario:

High Flight

“Oh! I have slipped the surly bonds of Earth
And danced the skies on laughter-silvered wings;
Sunward I’ve climbed, and joined the tumbling mirth
of sun-split clouds, — and done a hundred things
You have not dreamed of — wheeled and soared and swung
High in the sunlit silence. Hov’ring there,
I’ve chased the shouting wind along, and flung
My eager craft through footless halls of air….

Up, up the long, delirious, burning blue
I’ve topped the wind-swept heights with easy grace.
Where never lark, or even eagle flew —
And, while with silent, lifting mind I’ve trod
The high untrespassed sanctity of space,
– Put out my hand, and touched the face of God.”

Volare in alto

Oh! Come sono sfuggito agli aspri legami terreni
e danzato in cielo su garrule ali d’argento;
rivolto al sole ho provato la gioia di solcare
nuvole violate dai raggi del sole e cento altre cose
che tu non puoi nemmeno sognare…
Correndo, librandomi in volo, ruotando
alto nel silenzio radioso, tracciando ghirlande,
ho inseguito il vento urlante e lanciato
le mie ali impazienti in gole sospese nell’aria…

Su, sopra il lungo delirio del blu incandescente
ho accarezzato il vento con grazia leggera,
dove mai allodole, o perfino aquile, han volato
e mentre in silenzio, sgombra la mente, avverto
l’alta ed estrema santità della pace,
con le mani protese tocco il volto di Dio.

In questa breve poesia, forse la più rappresentativa della sua sensibilità artistica, Gillespie descrive la magia del volo con parole di stupore e gratitudine per la bellezza di cui gli occhi si riempiono.

Fin dalla sua pubblicazione, “High Flight” divenne una poesia famosissima grazie allo spettacolo benefico itinerante “Hollywood Victory Caravan” in cui presero parte artisti del calibro di Laurel e Hardy, Groucho Marx, Cary Grant e Bing Crosby. La poesia fu recitata dall’attrice Merle Oberon in tutte le tappe dello show.

Qualche mese più tardi, fu nientemeno che Orson Welles, il regista americano considerato dal New York Times il più grande della storia del cinema, a recitare in diretta radio l’opera di Gillespie, consegnandola alla storia.

Ancora oggi “High Flight” è un testo caro a piloti e astronauti, oltre che un omaggio eterno al volo aereo.
Per questo il giovane poeta merita un posto d’onore nella rubrica “Light&Fun”, nata per celebrare chi ha descritto e raccontato il cielo rendendolo ancora più straordinario.

PILOTA NON VEDENTE: FINALMENTE SI PUÒ GRAZIE ALLA TECNOLOGIA

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“Esser cieco non è triste; esser cieco ma non essere capace di sopportare la cecità, questo è triste.”
Le parole dello scrittore britannico John Milton, che pubblicò il suo capolavoro letterario Paradiso Perduto 10 anni dopo aver perso la vista, sembrano scritte proprio per raccontare la coraggiosa storia di Sabrina.

Sabrina Papa è una giovane donna affetta da distrofia retinica fin dalla nascita. Quando era ancora una bambina, Sabrina trascorreva le giornate nella casa dei genitori, in Salento, ascoltando il rumore degli aerei che decollavano dal vicino aeroporto militare di Lecce-Galatina.

Ben presto Sabrina si rende conto che il sogno della sua vita è volare. Non soltanto come passeggero, ma come pilota. La legge italiana, però, non consente ai non vedenti l’accesso alle scuole di volo e tantomeno il conseguimento della licenza di pilota.
Ma, come si dice, volere è potere e Sabrina non si arrende.

Trasferitasi a Roma per cercare qualcuno disposto a sostenerla, la ragazza effettua il suo primo volo come passeggero dall’aeroporto dell’Urbe a bordo di un aereo biposto Cessna 152 in compagnia di un amico.

Se prima volare era solo un sogno, ora è diventato una priorità.
L’incontro con l’istruttore Sergio Pizzichini segna la svolta: quella di Sabrina è una sfida e la cecità è soltanto un ostacolo che deve essere superato.

Inizia così un percorso di studio della teoria, memorizzazione della posizione di ogni componente della strumentazione di bordo, di esercitazioni, di sviluppo dei riflessi e di comunicazione tra istruttore e allievo senza precedenti.

Un sistema di comandi vocali e lievi tocchi sulle spalle stabilito insieme a Pizzichini permette a Sabrina di esercitarsi a bordo di un ultraleggero Sky Arrow, ma ancora non le basta. La determinazione è ben più forte dell’handicap e in un mondo che progredisce più velocemente di qualsiasi aereo, le possibilità aspettano solo di essere trovate.

Sabrina si iscrive a diversi gruppi su Facebook, stringe rapporti, fa domande e trova finalmente l’associazione di piloti non vedenti ‘Les mirauds volants’ con sede a Labège, nei pressi di Tolosa.
Oggi Sabrina vive in Francia e continua a volare grazie al dispositivo Sound Flyer, un giroscopio associato al GPS che le fornisce le informazioni necessarie attraverso impulsi sonori.

Il suo sogno è volare con le Frecce Tricolori e noi sappiamo che per lei niente è impossibile.

I CODICI DEGLI AEROPORTI

Young woman in international airport looking at the flight information board, checking her flight
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Che siate frequent flyer o vacanzieri occasionali, avrete senz’altro notato che sul vostro biglietto aereo i nomi degli aeroporti di partenza e destinazione sono indicati con sigle triletterali.

Se foste passeggeri del volo AirDolomiti EN8191, per esempio, volereste da FLR verso MUC, cioè da Firenze a Monaco di Baviera. Fin qui è molto facile.

Il sistema di abbreviazione dei codici aeroportuali prevede l’attribuzione di un codice di tre lettere per ogni aeroporto del mondo. A stabilire e pubblicare le regole del sistema è la IATA (International Air Transport Association), l’organizzazione internazionale delle compagnie aeree con sede in Canada.

Fin dagli anni ’30 fu necessario stabilire uno standard di codifica aeroportuale e furono inizialmente le compagnie aeree a scegliere in autonomia codici di due lettere. Già alla fine degli anni ’40, con l’apertura di tantissimi nuovi aeroporti, due sole lettere non furono più sufficienti e il sistema passò al codice di tre lettere che conosciamo oggi. L’aeroporto internazionale di Los Angeles, ad esempio, era originariamente solo “LA”, ma divenne “LAX” nel 1947. La IATA intervenne negli anni ’60 quando le compagnie aeree decisero che avevano bisogno di un processo standardizzato per evitare confusione.

Tra i codici aeroportuali IATA attualmente in uso ve ne sono alcuni davvero buffi…

“DOH”, l’esclamazione preferita da Homer Simpson, è l’aeroporto di Doha in Qatar; fa sicuramente sorridere volare verso “LOL”, ossia il Derby Field di Lovelock City in Nevada; può essere imbarazzante andare a “BUM”, Butler Airpor negli USA o “SEX”, Sembach Airport in Germania…
Ma è senz’altro entusiasmante atterrare a “OMG”, Omega Airport in Namibia! 😉

JACQUELINE “JACKIE” COCHRAN

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Sono molte le donne della Storia ad aver infranto muri.
Muri fatti di pregiudizio, ostacoli alla libertà, barriere tra sogni e possibilità.

L’aviatrice statunitense Jacqueline “Jackie” Cochran è una donna che ha infranto tutti questi muri più uno: quello del suono.

Dopo essere diventata moglie a soli 14 anni e aver perso un figlio cinque anni dopo, è comprensibile che Jackie abbia voluto cambiare il proprio nome da Bessie Lee Pitman a Jacqueline Cochran in cerca, forse, di una migliore sorte.

La ruota per Jackie girò poco più tardi, con la nascita dell’amore con il magnate della finanza Floyd Odlum, uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti dopo il crollo di Wall Street nel ’29.

Le grandi passioni di Jackie erano due, apparentemente distanti tra loro, ma entrambi simboli di libertà: il rossetto e il volo.
Ottenuto il brevetto da pilota commerciale a Long Island, Jackie volò in tutto il Paese per promuovere – con il volto nientemeno che di Marilyn Monroe – la sua linea di cosmetici Wings to Beauty (“Bellezza Alata”).

Makeup Museum photo credit

Jackie sapeva di poter fare di più per la categoria femminile che rappresentava con fierezza, quindi si arruolò come pilota volontaria nella Seconda Guerra Mondiale e presentò all’allora first lady Eleanor Roosevelt, al tenente colonnello Robert Olds – e a chiunque potesse ascoltarla – la proposta scritta di creare una divisione di volo femminile nelle US Army Air Forces.

Finalmente, nell’agosto del ’43, nacque la Women Airforce Service Pilots, un’organizzazione pionieristica di donne pilota affidata proprio alla direzione della Cochran.

Con diverse medaglie al valore appuntate sull’uniforme, Jackie fu la prima donna a volare a velocità supersonica con un Canadair Sabre 3, a pilotare un bombardiere, un aereo ad ala fissa e un jet su una rotta transatlantica, a decollare e atterrare su una nave portaerei, nonché il primo pilota in assoluto a volare sopra i 6096 metri con una maschera d’ossigeno (pur portando il suo amato rossetto rosso in maniera impeccabile).

Oggi, sul nostro blog, abbiamo voluto ricordare una delle nostre pioniere dell’aviazione preferite, chiedendoci come mai la Storia non le abbia riservato maggiore attenzione…

GABRIELLA “GABY” ANGELINI

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Come tante bambine nate da famiglie borghesi nei primi decenni del 1900, anche Gabriella “Gaby” Angelini aveva un insegnante di pianoforte e frequentava una scuola di danza classica a Milano.
Ma i suoi sogni riguardavano i volteggi degli aerei tra le nuvole, più che quelli di una ballerina sulle punte. La sua ammirazione, più che per la leggendaria Isadora Duncan, era per Francis Lombardi, fuoriclasse dell’aviazione italiana.

Convinta da una visita allo stabilimento della fabbrica di aerei Breda, Gaby decise di conseguire il brevetto da pilota presso l’Aero Club di Milano sotto la guida dell’istruttore Francesco Monti.

A soli 19 anni, “Little Gaby” si guadagnò la fama grazie a un’impresa straordinaria per quell’epoca e – soprattutto – per una donna di quell’epoca. Partendo da Milano a bordo del monomotore da turismo Breda Ba. 15, sorvolò otto Paesi europei (Austria, Cecoslovacchia, Germania, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Regno Unito e Francia) in soli 25 giorni.

Erano anni in cui il regime fascista incoraggiava le grandi imprese dei piloti per avere risonanza internazionale e nel caso di Gaby, una donna, le ragioni per farlo erano ancora più evidenti.

Fu così che la Angelini ebbe l’occasione di partire per un nuovo incredibile viaggio, questa volta da Milano a Delhi, sorvolando la Libia, l’Egitto, l’Iraq e il Pakistan. La fortuna non fu però dalla sua parte e il suo aereo precipitò in Libia per colpa di una tempesta di sabbia.

Un paio di anni dopo la sua morte, Benito Mussolini rifiutò l’ingresso alle donne nelle scuole di volo, ricordando al prefetto di Bologna in un telegramma che “nell’Italia fascista le donne dovevano già pilotare numerosi figli, mentre pilotare gli aerei era un affare serio per il quale vi era un numero sufficiente di uomini” (fonte: Wikipedia).

Ci dispiace, quella di Gabriella Angelini è una storia davvero ingiusta.
Ma nella nostra rubrica “Straordinaria abbiamo scelto di raccontare le storie delle vittorie, delle conquiste, ma anche dei fallimenti e dei sacrifici che le donne hanno affrontato per cambiare il futuro dell’aviazione.
Se voleste approfondire la storia di Gaby e guardare il cielo attraverso i suoi occhi, online potreste ancora trovare qualche vecchia copia de Il Diario di Gaby, edizione di Mondadori del 1933.